Sono passati otto giorni dal crollo del cosiddetto “ponte Morandi” a Genova. Quest’opera è stata spesso definita “ardita”: in quanto tale, avrebbe dovuto essere oggetto di una manutenzione speciale, diversa da quella normalmente necessaria per qualunque altro ponte: non occorre essere degli esperti per “sospettare” che tale, speciale manutenzione, sia stata quanto meno carente, con le conseguenze che tutti abbiamo visto e con cui i genovesi dovranno, d’ora in poi, fare i conti.
Credo che Genova sia una città molto particolare, non solo dal punto di vista architettonico. Quando, arrivando da Torino, vedo le sue avveniristiche – e, secondo i miei gusti, non proprio bellissime – costruzioni inerpicate sulle alture a ridosso dell’autostrada, non posso fare a meno di pensare: “Ma come fanno ad abitare in un posto del genere!?”. Mi sembra che i genovesi abbiano nel sangue una certa “arditezza” (il termine l’ho coniato io, non esiste sul vocabolario!) che, periodicamente, li obbliga a confrontarsi con eventi climatici, storici e sociali in grado di segnare profondamente le loro esistenze. Il crollo del ponte è un evento davvero drammatico, che rischia di ripercuotersi gravemente sulla vita economica e sociale della città. Genova non deve essere lasciata sola e tutti, nel loro piccolo, possono fare qualcosa di concreto in tal senso. In che modo? Ad esempio, continuando a visitare questa città, nonostante le modifiche alla viabilità, certo non indolori, che la perdita del ponte Morandi renderà necessarie.
Tra i luoghi che sicuramente meritano di essere visitati, voglio segnalare Villa Durazzo Pallavicini, un grande parco situato a pochi passi dal mare e – come è tipico per Genova – circondato dai condomini cittadini, almeno nel tratto che ospita il lungo viale di accesso. Ne ho scoperto l’esistenza solo un anno fa, anche se rappresenta un’eccellenza nell’ambito del giardino storico romantico europeo e, nel 2017, ha ottenuto il riconoscimento di “Parco più bello d’Italia”. Realizzato tra il 1840 ed il 1846 su progetto dell’architetto Michele Canzio, per volere del marchese Ignazio Alessandro Pallavicini, si sviluppa su otto ettari di collina e su tre chilometri di percorso a 134 metri sul livello del mare. Visitare questo luogo rappresenta una suggestiva e originale esperienza meditativa: la particolarità unica del parco è, infatti, quella di essere stato concepito come un percorso teatrale in quattro atti, volto a rappresentare il viaggio iniziatico dell’anima dal caos e dall’oscurità primordiale fino all’elevazione finale nella luce. Ci troviamo, dunque, di fronte ad una vera e propria scenografia naturalistico-esoterica, costituita non solo da piante rare, cascate e laghetti, ma anche da scorci visivi, arredi e strutture architettoniche particolari. Giunti all’ultimo atto, che rappresenta la beatitudine del paradiso empireo, possiamo ammirare, ad esempio, scorci di delicata bellezza come quello qui ritratto:

Molte delle specie botaniche presenti sono state impiantate qui nella seconda metà dell’Ottocento. Il primo e il terzo atto del racconto, in particolare, sono popolati da piante esotiche che, a quell’epoca, costituivano delle autentiche rarità. Da segnalare, inoltre, il famoso viale delle camelie, composto da straordinari individui arborei di Camellia japonica.

Villa Durazzo Pallavicini si trova a Genova Pegli, in via Ignazio Pallavicini 13.
Per tutte le informazioni, potete consultare il sito web del Parco all’indirizzo www.villadurazzopallavicini.it
Per finire, desidero segnalarvi il link al bellissimo articolo di AgoraVox da cui ho tratto le fotografie di Genova che ho inserito come immagini in evidenza:
Genova, ponte Morandi | Come vivere sotto una cupa minaccia?