«Ascolta, boscaiolo, ferma il braccio; legno solo non è quello che abbatti. Non vedi il sangue sgorgare delle Ninfe che vivono nei tronchi dalla dura scorza?»
Questa elegia di Pierre Ronsard è dedicata alla quercia, da sempre simbolo di forza, solidità, saggezza, generosità.
Ho scoperto quasi per caso che, in Europa, la specie di quercia più diffusa si chiama, in realtà, “farnia”: si tratta di una pianta dal portamento maestoso ed elegante, che può raggiungere i 50 metri d’altezza; è dotata di un fusto robusto, che alla base si allarga quasi a voler sostenere meglio le fronde massicce e contorte. Pur non detenendo il record di longevità (che spetta invece al pino della California, capace di superare i 4000 anni!), la farnia può vivere più di un millennio: sembra che la Lituania ospiti l’esemplare più vecchio d’Europa, con i suoi 1500 anni d’età.
I frutti della quercia, le ghiande, crescono singolarmente o a gruppi e maturano nei mesi di settembre e ottobre. Chi l’ha assaggiata, afferma che la ghianda non ha un sapore sgradevole, ma non è neppure buona; tuttavia, è capace di saziare e nutrire. In alcuni paesi, le ghiande rientrano ancora, come una curiosità culinaria, nella preparazione di qualche antica ricetta; alcune migliaia di anni or sono, però, esse rappresentavano la base dell’alimentazione umana: erano abbondanti, potevano essere facilmente trasportate, conservate e trasformate in farina. Si può avere conferma di questo legame ancestrale tra uomo e ghianda consultando le mappe che indicano la diffusione del genere Quercus: la dislocazione dei boschi coincide, infatti, con le aree che hanno fatto da sfondo alla nascita delle grandi civiltà stanziali. Gli uomini, insomma, si stabilivano là dove crescevano le querce, in una sorta di simbiosi destinata a durare fin oltre l’avvento della coltivazione del frumento.
La storia della quercia, in fondo, è la storia dell’uomo. Per raccontarla dall’inizio, bisogna andare molto indietro nel tempo, fino a quella mitica età primitiva in cui la ghianda costituiva la base incontrastata dell’alimentazione. Nonostante la penuria di cibo, la qualità della vita doveva essere quanto meno accettabile, stando a ciò che affermano i miti e le leggende che rimpiangono quell’albore della civiltà a tal punto da definirlo “età dell’oro”. Si narra che, a quell’epoca, l’uomo vivesse senza affanni, affidando la propria sopravvivenza ai frutti della quercia: quest’albero, dunque, era destinato a radicarsi profondamente all’interno della psiche collettiva, fino a diventare un archetipo, una reminiscenza presente in tutte le culture e in tutte le epoche storiche. Nell’antichità del mondo occidentale, la quercia era sacra al dio Thor della mitologia nordica, a Zeus presso i greci e, similmente, a Giove presso gli antichi romani.
Per i Celti, la quercia era un albero dal potere taumaturgico, perchè canalizzava in sé le energie della terra e del cielo. I Druidi si ornavano con corone di foglie di quercia durante le cerimonie sacre e mangiavano le ghiande per accrescere le proprie facoltà di chiaroveggenza. Ancora oggi, in Bretagna, sopravvive la credenza popolare secondo cui sarebbe possibile trasferire le malattie all’albero: chi lo abbraccia o dorme alla sua ombra, guarirà da ogni malanno.
A Dodona, nell’antica Grecia, c’era un famoso oracolo nel bosco di querce sacre a Zeus: le sacerdotesse traevano responsi dallo stormire delle fronde mosse dal vento e dalla pioggia che cadeva sulle piante. Era vietato abbattere le querce: nel tronco di questi alberi, infatti, vivevano le ninfe Amadriadi, che morivano insieme alla pianta. Presso gli antichi romani, la quercia era posta sotto gli influssi di Giove e una collana di ghiande appesa al collo indicava le persone dedite al culto del dio. Il fuoco delle Vestali era tenuto acceso solo con il legno di quercia proveniente dal bosco che circondava il tempio. Per i Cristiani, la croce di Gesù era stata ricavata dal legno di una quercia: questa pianta, dunque, era considerata un simbolo della forza della fede.
Oggi, il legno di quest’albero viene utilizzato per intagliare talismani in grado di attrarre buona salute, fortuna, denaro e saggezza.
Nello splendido libro “I giardini incantati” di Devon Scott, l’autrice consiglia un semplice rito che, attingendo alla forza della quercia, può aiutare chi lo mette in pratica ad acquisire maggiore energia: recatevi in un parco in una bella giornata di sole e, se trovate una quercia, prendetene in mano qualche foglia, anche raccogliendola semplicemente da terra. Poi (vi consiglio di farlo lontano da occhi indiscreti!) alzate le braccia al cielo con le foglie nelle mani e, mentre il sole vi scalda, pronunciate (a voce alta o anche solo mentalmente, in modo che non vi procuri imbarazzo) l’invocazione che segue:
«Quercia, regina della foresta,
avvolgi il mio corpo e la mia anima con la tua potenza,
perchè le forze del male non possano avvicinarsi a me
e giorno e notte io sia protetto!»