Mi interrogo spesso sulla funzione e sull’utilità dei rituali: per quale motivo continuano ad esistere (dal Battesimo in poi…) nonostante la logica attribuisca loro una mera funzione simbolica? Non ho ancora capito se nei rituali risieda l’effettivo potere di cambiare la realtà. Indubbiamente, però, possiamo attribuire loro la facoltà di parlare al nostro inconscio, superando le barriere innalzate dalla mente razionale. Nella società occidentale contemporanea tendiamo, ormai, ad eseguire i rituali per tradizione o per semplice abitudine, senza più attribuire loro alcun valore effettivo: questa inconsapevolezza, però, ci rende deboli.
Tuttavia – e per fortuna – al mondo esistono ancora individui capaci di andare controcorrente. C’è chi ad esempio, consapevole del fatto che i rituali non hanno mai smesso di condizionarci, ha dedicato ad essi un’intera vita di studio e di pratica: mi riferisco ad Alejandro Jodorowsky, artista, autore, regista, tarologo di fama internazionale e psicomago contemporaneo.
Della Psicomagia Jodorowsky ha trattato esaurientemente nel suo libro omonimo, risalente alla metà degli anni ’90, sotto forma di intervista in cinque tappe. Si comincia con l’atto poetico per passare poi, in sequenza, all’atto teatrale, all’atto onirico, all’atto magico e infine all’atto psicomagico. L’atto poetico crea uno squarcio nella realtà ordinaria, provocando nello spettatore una reazione emotiva positiva. L’acqua tinta di rosso della Fontana di Trevi può essere considerata un atto poetico. L’atto teatrale è a sua volta un atto poetico ma a differenza di quest’ultimo è strutturato, poiché concepito per un pubblico. L’atto onirico consiste nel vivere i sogni in uno stato di veglia per comprenderne i messaggi, evitando tuttavia l’interpretazione classica: così facendo il sogno si trasforma presto in sogno lucido e, quindi, consapevole. L’atto magico comunica direttamente con l’inconscio attraverso le parole, le azioni e gli oggetti. L’atto psicomagico infine, grazie a delle precise istruzioni impartite all’inconscio, contiene in sé la capacità di risolvere un problema interiore. Non è la consapevolezza del problema a porvi fine, bensì l’azione: si tratta di un’azione simbolica, inusuale e spiazzante, in grado di creare un collegamento tra la consapevolezza di un blocco emotivo e il luogo da cui si origina qualunque blocco, ovvero l’inconscio. Paradossalmente, infatti, l’inconscio genera i nostri disturbi ma, al tempo stesso, è anche in grado di curarli! Occorre quindi impartire un comando alla propria mente inconscia, per riuscire realmente a sciogliere un nodo esistenziale: il pensiero positivo, oggi tanto di moda, non è affatto sufficiente, proprio perchè non fa i conti con il potere, talvolta smisurato e nefasto, dell’inconscio. In tale ottica i rituali psicomagici, basati sul linguaggio simbolico, diventano strumenti di guarigione poiché sono in grado di trascendere le resistenze mentali.
E’ negli anni ’60 che Jodorowsky entra in contatto con Pachita, sciamana messicana che favorisce la guarigione dei suoi pazienti basandosi su metodi non convenzionali. Proprio grazie a questo incontro l’autore concepirà, più tardi, la sua Psicomagia: essa consiste nel proporre al “malato” di compiere un gesto simbolico, apparentemente illogico ma fortemente emotivo, tale da permettergli di cambiare punto di vista; in questo mutamento di prospettiva risiede l’unica guarigione realmente possibile. L’atto psicomagico, dunque, è un’azione simbolica che, parlando direttamente all’inconscio, spezza l’abitudine e il modo di affrontare normalmente la vita, così da attivare una nuova consapevolezza interiore, presupposto indispensabile per guarire. Uno degli esempi più noti è quello del ragazzo che si rivolse a Jodorosky lamentandosi della propria condizione economica. L’artista gli consigliò di attaccare due monete d’oro sotto le scarpe, affinchè camminando potesse sentirne il tintinnio: in questo modo avrebbe finalmente potuto accedere alla ricchezza!
Naturalmente, più un’azione è inusuale e quindi difficile da intraprendere (sia dal punto di vista mentale che da quello fisico), più importante è l’effetto che potrebbe sortire a livello emotivo. Per guarire o per risolvere un grave problema ci vuole una volontà di ferro. Lottare instancabilmente per raggiungere una meta che pare impossibile sviluppa la nostra energia vitale. Questo è ciò che afferma Jodorowsky e che, per esperienza personale, sento di poter sottoscrivere in pieno. E voi, avete mai avuto la tentazione di andare alla ricerca dell’impossibile? Vi sfido a provarci: non è cosa da tutti, probabilmente vi scoraggerete di fronte alle prime difficoltà e ben presto desisterete; tuttavia, se sarete così forti (e così fortunati) da riuscire a raggiungere la meta, la vostra vita non sarà mai più la stessa… garantito!