Solstizio d’estate

Giovedì 20 giugno alle ore 15:54 si celebra il solstizio d’estate, l’avvio ufficiale dell’estate astronomica, nonché la giornata – intesa come numero di ore di luce – più lunga dell’anno.

Il solstizio – dal latino “sol”, Sole, e “sistere”, fermarsi – rappresenta il momento in cui il Sole raggiunge, nel suo cammino apparente lungo l’eclittica, il punto di declinazione massima o minima. In occasione del solstizio d’estate, il Sole culmina allo zenit, ovvero nel punto più alto dell’orizzonte rispetto al suo intero percorso annuale.

Il momento del solstizio ritarda di circa sei ore all’anno a causa del fenomeno della precessione degli equinozi (lo spostamento dell’asse attorno al quale la Terra compie la rotazione giornaliera) e torna artificialmente al punto di partenza ogni quattro anni, quando l’anno bisestile fa capolino per risistemare le cose… un artificio inventato per evitare il progressivo scostamento tra il calendario e le stagioni. Questo è anche il motivo per cui il solstizio d’estate cade il 21 giugno quasi sempre… tranne quando cade il 20, come avviene appunto quest’anno. Per la stessa ragione il solstizio invernale cade il 21 o il 22 dicembre.

A Stonehenge, nel giorno del solstizio d’estate, un raggio di Sole attraversa un trilite (una struttura composta da due pietre verticali sormontate da un’architrave) e cade sull’altare centrale del sito archeologico: questo “segno” celeste permetteva agli antichi di individuare l’avvicendarsi delle stagioni. L’immagine che segue, elaborata dalla Nasa, mostra quale doveva essere l’effetto dei raggi solari al momento del solstizio nell’antichità, quando le pietre del sito erano ancora intatte:

Stonehenge ricostruzione

Il solstizio d’estate, che corrisponde alla festa pagana di Litha, è un momento magico, celebrato fin dalla notte dei tempi. Nell’antica Roma, del primo giorno d’estate era protettore Giano, custode delle porte e delle iniziazioni ma anche simbolo dell’unione con l’Infinito: quello del solstizio, in effetti, era considerato il momento in cui il visibile e l’invisibile si fondevano, aprendo dei varchi nell’ignoto. La sacralità del solstizio non svanì del tutto neppure in epoca medievale, anche se forse si fece strada la tendenza a sottolinearne gli aspetti più oscuri. La notte era densa di pericoli, nel cielo si vedevano volare streghe e demoni diretti al Sabba, per cui era più prudente restare in gruppo, accanto alla luce dei falò: accesi sulla sommità dei colli e fatti rotolare a valle, i fuochi richiamavano il Bene scacciando le Tenebre.

Nel momento in cui il Sole era più forte, e più benefici i suoi raggi, si raccoglievano le erbe magiche: questo rito avveniva poco dopo l’alba, quando la rugiada del solstizio, simbolo delle nozze tra acqua e fuoco, aveva benedetto la terra. Le erbe raccolte, legate a formare dei mazzi, erano considerate non soltanto amuleti in grado di proteggerne il possessore per tutto l’anno, ma anche talismani capaci di attivare poteri psichici.

In seguito alla diffusione del Cristianesimo, andò progressivamente perdendosi la consuetudine di onorare il giorno del solstizio d’estate: le celebrazioni legate all’inizio dell’estate astronomica, infatti, lasciarono il posto a quelle del 24 giugno in onore di San Giovanni Battista. Devon Scott, autrice del libro “I Giardini Incantati”, porta alla nostra conoscenza una preghiera tramite la quale invocare il Battista all’alba del 24 giugno, al lume di una candela bianca. L’orazione, risalente al 1600, è molto efficace nonostante utilizzi un linguaggio ovviamente antiquato. La sua finalità è quella di allontanare le emozioni negative, attirare la serenità e propiziare l’armonia nelle relazioni:

«Mirabilissimo precursore del Messia tanto sospirato, tu che fosti santificato prima di nascere e conservasti fino alla morte la giustizia.

Tu che vivesti tra mortificazioni e digiuno nel deserto, per insegnare col tuo esempio la strada sicura per la salute dell’anima.

Per la tua umiltà, con cui ricusasti di versare acqua battesimale sul capo del Divino Redentore, per lo zelo col quale tu lo additasti come il figlio di Dio, per il tuo coraggio, che ti spinse a rimproverare i più grandi re per i loro delitti, per la rassegnazione che ti fece offrire il capo al carnefice, chiamo il tuo sangue a testimone della verità da te predicata.

Concedimi la grazia di santificare la mia anima per la gloria di Dio e di esserti compagno/a per l’eternità. Così sia!»

Megaliti al tramonto