L’intuito e i Tarocchi

Uno dei motivi per cui amo leggere i Tarocchi (in particolare i Marsigliesi) sta nel fatto che che questi “esseri” di carta mi hanno insegnato, come forse nient’altro al mondo avrebbe potuto, ad affinare il mio intuito, la mia capacità di “vedere oltre”. Sapersi affidare alla propria mente intuitiva, infatti, è una qualità che può rivelarsi molto utile in ogni momento dell’esistenza, qualunque sia l’attività che si sta svolgendo o l’obiettivo che si desidera raggiungere. Penso che l’intuito sia una dote che, come ogni altra, può essere affinata col tempo grazie ad una paziente, costante pratica.

Permettetemi di fare, però, una premessa “spinosa”: molte persone pensano di potersi servire dell’intuito per soddisfare, spesso in maniera sconsiderata, i desideri (che sarebbe più corretto definire “capricci”) dell’ego. Io stessa ho commesso questo errore in passato, ma la verità è che lo Spirito non è un bancomat! Se impariamo ad affidarci al nostro intuito non vinciamo proprio nulla, eccetto il fatto di riuscire ad allinearci in maniera più semplice e più fluida con il destino scelto dalla nostra Anima… e non è poco, ve l’assicuro!

L’intuito – che potremmo anche definire “sesto senso” – è una qualità innata in ognuno di noi; il tipo di educazione che generalmente riceviamo, però, ci insegna a fare esclusivo affidamento sulla mente razionale… un vero peccato, oltre che un errore clamoroso!

Possiamo ricevere grandi benefici dallo sviluppo del nostro intuito, non ultima la capacità di “vedere” con una certa precisione le possibili soluzioni ai piccoli e grandi problemi della vita quotidiana.

La prima regola che occorre seguire per affinare il proprio intuito è: concentrarsi su un problema alla volta.

Nella lettura dei Tarocchi, questa regola trova la migliore applicazione pratica nel fatto di riuscire a formulare le domande nella maniera più semplice, più chiara e più efficace possibile. Per realizzare questo obiettivo occorre analizzare il problema generale da diversi punti di vista, e formulare una domanda specifica per ciascuno di questi aspetti. Ciò è facile a dirsi, ma può essere abbastanza difficile da realizzare se non si ha la capacità di porsi di fronte al problema con la necessaria lucidità e presenza mentale. Se, ad esempio, riuscite a trovate facilmente lavoro ma con altrettanta facilità lo perdete, il problema potrebbe avere una radice sia interna che esterna a voi. Domandatevi allora: “Qual è la causa interna che si manifesta all’esterno con la perdita reiterata del lavoro?”, ma anche: “Ci sono delle cause esterne, indipendenti da me che producono ogni volta la perdita del lavoro?”. Se la risposta a questa seconda domanda è affermativa, chiedetevi allora: “Le cause esterne differiscono da una situazione lavorativa all’altra, oppure si può notare un «filo rosso» che le accomuna?”. Da ogni domanda posta correttamente possono quindi sorgere altre domande, sempre più precise e mirate all’obiettivo.

Una volta che si è inquadrato il problema, la seconda regola è: restare in ascolto, per poter “captare” i messaggi sottili inviati dall’Universo.

Talvolta, dopo aver fatto una lettura sia per me che per altri, mi capita di fare dei sogni che mi chiariscono il significato delle carte estratte, laddove siano rimaste alcune zone d’ombra. E in alcune occasioni, addirittura, i miei sogni preannunciano le carte che usciranno durante letture realizzate nei giorni successivi, rendendone chiaro il significato prima ancora che io abbia formulato le domande!

Ascoltare l'Universo

La terza regola, importantissima, è: concentrarsi su quello che c’è e non cedere alla tentazione di vedere ciò che non esiste.

“Vedere ciò che non c’è” – o, al contrario, “non vedere ciò che si ha sotto gli occhi” – è una cosa che capita a tutti (anche ai più svegli!), perchè il cervello umano ha la spiccata tendenza a raccogliere tutte le informazioni e tutti i segnali che “ritiene essere” i più utili in vista del conseguimento di un determinato risultato. L’inevitabile corollario è la tenace, cocciuta tendenza ad escludere qualsiasi “indizio” che venga ritenuto inutile o fuorviante rispetto all’ottenimento del risultato voluto. Si tratta di un errore molto comune che però non deve essere sottovalutato, perchè rischia di portarci davvero molto lontano dalla verità!

Nella lettura dei Tarocchi, ciò significa che dobbiamo essere disposti ad accogliere la risposta che riceviamo, anche se non ci piace. Questo può essere, appunto, tutt’altro che semplice, perchè dentro di noi l’inconscio potrebbe “allearsi” con la mente inferiore, inducendoci a negare l’evidenza dei messaggi ricevuti. Proprio per questo motivo, anche se conosciamo i Tarocchi, sarebbe bene che ce li facessimo leggere da qualcun altro, nel caso in cui volessimo affrontare delle questioni che ci vedono troppo coinvolti emotivamente.

La quarta regola è: entrare in contatto con il proprio universo simbolico.

L’interpretazione dei Tarocchi può avvenire a vari livelli. Leggere libri che illustrino il significato dei simboli contenuti negli arcani è un punto di partenza necessario, ma non sufficiente! Potremo affermare di saper leggere davvero i Tarocchi solo quando comprenderemo quale specifico significato essi rivestano per noi: ciò vuol dire che dobbiamo “sentire” in che modo i singoli arcani risuonano con il nostro personalissimo background simbolico. A me, ad esempio, lo sguardo vacuo della Papessa “dice qualcosa” in quanto rappresenta un vero e proprio specchio della mia esperienza umana, e così il cane (o gatto) che sta “alle calcagna” del Matto. Agli occhi di un altro lettore, invece, questi stessi dettagli potrebbero apparire non così decisivi ai fini dell’interpretazione. Ed è giusto che sia così, perchè è proprio la nostra visione individuale che ci permette di “appropriarci” dell’universo dei Tarocchi (e, più in generale, del nostro “personale” universo esistenziale).

Universo simbolico

La quinta regola (o meglio, un buon consiglio) è: creare i propri piccoli rituali.

Dobbiamo riuscire a ritagliare degli spazi per noi stessi durante la giornata, anche se gli impegni quotidiani possono essere tanti. Questo “esercizio” può essere importante non soltanto per preservare il nostro benessere psicofisico, ma anche per sviluppare l’intuito: è nella tranquillità della mente, infatti, che le nostre capacità intuitive possono trovare terreno fertile per fiorire. Una volta creata un’atmosfera rilassante, la si può riempire con un piccolo, semplice rituale che ci gratifichi. Il rituale è un gesto ripetitivo che, dentro di noi, associamo a un senso di sicurezza e gioia: potrebbe essere la pratica dello yoga o del giardinaggio, la lettura di un libro o la compilazione di un diario, l’esercizio dell’arte culinaria o persino la creazione di un oggetto artigianale… Qualunque cosa può essere utile, purchè non ci metta in ansia e ci aiuti a creare uno spazio sacro entro il quale sentirci protetti e coccolati.

L’apertura intuitiva, del resto, serve proprio a spezzare la meccanicità, la schematicità del vivere quotidiano. Nel momento in cui riusciamo a realizzare tale apertura, la nostra percezione del mondo si amplia e si approfondisce; così, goccia a goccia, il nostro calice interiore si riempie di nettare pregiato… o di qualunque bevanda voi vogliate!