La Luna e il Salice

Così come l’oro è tradizionalmente considerato una materializzazione del Sole, l’argento viene da sempre associato alla Luna. Il termine “argento” deriva da “ARG”, un’antica radice il cui significato è inerente alla luminosità, alla brillantezza. E le fronde argentee di nessun albero brillano nelle notti di luna piena come quelle del salice, pianta lunare per eccellenza. L’effetto è moltiplicato se il salice si trova a pochi passi da un lago o da un fiume, e protende i suoi rami verso la superficie dell’acqua, così come spesso ama fare.

Luna piena

Queste acque, anch’esse elemento lunare, il salice non le trattiene, ma le vaporizza tutto intorno grazie a un principio calorico contenuto nei rami e nella corteccia: l’acido salicilico, da cui deriva quello acetilsalicilico, più noto come aspirina. Potremmo quindi affermare che il salice cura omeopaticamente tutti quei malanni che derivano da un eccesso di freddo e di umido, cioè di acqua, nel nostro corpo. Il salice, che è profondamente attratto dall’acqua, ci insegna ad amarla come lui sa fare, senza trattenerla: ci aiuta infatti a donarne gli eccessi all’aria, a vaporizzarla attraverso la sudorazione. Questa azione sudorifera si accompagna ad un’altra, sedativa e calmante, nonché blandamente sonnifera: mai come dopo una bella sudata seguita a una febbre influenzale, infatti, il sonno ci ristora.

Forse per queste sue qualità acquatiche, sedative e un po’ notturne, il salice è stato quasi ovunque associato alla Luna, alla Grande Madre e ai riti primaverili propiziatori delle piogge e della fertilità. Nell’antica Grecia il salice era associato a molte dee lunari, anche a quelle meno materne, più infere, pericolose e magiche come Persefone, Ecate e Circe.

Dea lunare

Tale accostamento era forse un richiamo alla duplicità della Luna, astro che si presenta a tratti fulgido, fecondo di luce, e a tratti invece oscuro, sterile, vergine. Similmente anche il salice, in passato, è stato considerato un simbolo di castità. Le proprietà anafrodisiache delle sue infiorescenze, un tempo ampiamente utilizzate nelle comunità monastiche insieme a quelle antireumatiche e febbrifughe della corteccia, erano infatti ben note fin dall’antichità.

Del resto una notte di luna piena evoca un po’ in ognuno di noi una duplicità di umori: fascinazione e incanto ma anche nostalgia, malinconia, rimpianto. Il salice, in particolare quello “piangente”, simboleggia bene questi stati d’animo ed è probabilmente a causa di ciò che il dottor Bach ha utilizzato i fiori di questa pianta – “willow” nella nomenclatura inglese dei suoi rimedi – per coloro che si sentono vittime della malasorte, amareggiati e frustrati per ciò che nella loro vita poteva essere e non è stato.

The Akashic Willow