“Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino” è un romanzo per ragazzi scritto da Carlo Collodi, pseudonimo del giornalista toscano Carlo Lorenzini, e pubblicato per la prima volta nel 1883. Si può affermare che si tratti di una fiaba esoterica, poiché tutte le fasi del racconto rappresentano in realtà le diverse tappe del percorso iniziatico che alcuni individui scelgono di intraprendere.
Mastro Geppetto, che ricava Pinocchio da un pezzo di legno, è una chiara allusione al Demiurgo platonico e gnostico, un dio minore che ha creato un mondo fisico imperfetto e dominato da una legge spietata. Mangiafuoco è invece la rappresentazione di uno degli Arconti, le forze oscure che, insieme al Demiurgo, reggono e governano questo mondo.
Pur essendo un burattino di legno, Pinocchio a un certo punto comincia a muoversi e a parlare: ciò ci ricorda il mito gnostico secondo cui l’uomo, appena creato, giacque immobile e senza vita sul terreno, finchè non ricevette la scintilla divina proveniente da un Principio Superiore che sovrastava il suo stesso creatore, ovvero il Demiurgo.
Pinocchio si rivela fin da subito un burattino assai dispettoso, che manca di rispetto anche a colui che l’ha forgiato, Geppetto, simbolizzando in tal modo l’uomo gnostico che in fondo sa di essere superiore al proprio creatore. A tal proposito è significativo il passo del racconto in cui si legge:
«”Povero burattino!”, dicevano alcuni. “Ha ragione a non voler tornare a casa! Chi lo sa come lo picchierebbe quell’omaccio di Geppetto!” E gli altri soggiungevano malignamente: “Quel Geppetto pare un galantuomo, ma è un vero tiranno coi ragazzi! Se gli lasciano quel povero burattino fra le mani, è capacissimo di farlo a pezzi!”».
Nel corso del racconto, Pinocchio viene più volte ingannato dal Gatto e dalla Volpe, nei quali possiamo scorgere le seduzioni dell’illusorio mondo materiale, che tentano di distogliere l’individuo dal suo cammino verso il risveglio. Pinocchio si imbatte poi nel cattivo consigliere Lucignolo, che lo conduce nel Paese dei Balocchi. Leggiamo nel romanzo:
«Lì non vi sono scuole. Lì non vi sono maestri. Lì non vi sono libri. In quel paese benedetto non si studia mai. Le giornate si passano baloccandosi e divertendosi dalla mattina alla sera. La sera poi si va a letto, e la mattina dopo si ricomincia daccapo».
Si tratta chiaramente di una descrizione della vita profana, fatta della sola ricerca di beni e di soddisfazioni materiali, in cui è immersa gran parte dell’umanità. Il fatto che il Paese dei Balocchi sia abitato solo da bambini, suggerisce l’idea che gli esseri umani vivano in un perenne stato infantile, immersi nell’ignoranza e nel vizio. I fanciulli che vivono in questo luogo di finta beatitudine vengono, prima o poi, trasformati in asini, circostanza che evoca addirittura una possibile reincarnazione in uno stato inferiore a quello umano.
Il Grillo parlante, che spesso riprende e rimprovera il nostro burattino, è la ragione umana, la voce della coscienza che cerca di orientare l’individuo verso le scelte giuste. Il periodo trascorso da Pinocchio nel ventre della balena simboleggia quel momento in cui l’uomo comincia ad isolarsi dal mondo, per riscoprire nella solitudine la sua reale essenza ed il suo autentico scopo esistenziale.
Nel corso di tutte le sue disavventure, Pinocchio è aiutato e guidato dalla Fata Turchina, la quale rappresenta la “Sophia” gnostica, ovvero la Sapienza Divina, che proviene da un mondo ben superiore a quello del Demiurgo (Geppetto nel racconto).
Al termine del romanzo, grazie ai potenti aiuti ricevuti ma anche all’intelligenza di cui è comunque dotato, Pinocchio diventa finalmente un bambino vero, cioè un uomo che si è affrancato dalle illusioni generate dal mondo materiale, potendo così manifestare se stesso alla massima potenza: la Grande Opera è compiuta.