Il Gioco dell’Oca – storia e simbologia

Dietro l’apparenza di un semplice passatempo per l’infanzia, il Gioco dell’Oca cela delle segrete valenze simboliche, come avviene del resto per molti altri giochi che affondano le proprie radici nel passato: è infatti accaduto spesso, nella storia, che gli aspetti più importanti della vita culturale, sociale e politica si rivestissero di valori metafisici.

Il Gioco dell’Oca prende il nome dai volatili che appaiono nelle caselle. Lo schema più antico e diffuso del gioco è quello del percorso a spirale, suddiviso in 63 caselle numerate che contengono figure simboliche e allegoriche. Il numero dei partecipanti può variare, e ognuno ha a disposizione una pedina che ad ogni turno farà un numero di passi determinato dalla somma dei punti di due dadi. Il percorso effettuato dal giocatore è un avventuroso viaggio simbolico, che si snoda tra caselle contenenti simboli fausti e altre in cui invece appaiono degli ostacoli da superare. Le caselle che raffigurano l’immagine dell’oca sono considerate liete: chi vi approda salta subito alla successiva casella contrassegnata dall’oca e inoltre rilancia i dadi facendo un altro passo in avanti. Il gioco prosegue fino a quando si raggiunge il traguardo centrale, ovvero una casella più grande delle altre che rappresenta la Porta del Giardino dell’Oca.

Le fortunate caselle con l’immagine dell’oca sono disposte sul tavoliere di nove in nove. Tra le caselle nefaste vi è invece la numero 6, il ponte, dove si deve pagare una posta convenuta per poter passare. Alla numero 19 c’è una locanda dove chi arriva paga l’ospitalità e si ferma per tre giri. Peggiore è però la 31, ovvero il pozzo, perché qui il giocatore, oltre a pagare la posta, non potrà muoversi finché non arriverà un altro giocatore a salvarlo prendendo il suo posto. Se si approda alla casella numero 42, che raffigura un labirinto, si perde e si indietreggia fino alla 39. Quando ormai si ha la sensazione di essere arrivati alla fine del viaggio, appare la casella 58, la morte, dove si paga la posta e si deve ricominciare il gioco dal principio. Se però si supera questa casella, ecco che si potrà giocare con un solo dado per provare a raggiungere la casella 63 e quindi ad entrare nel Giardino dell’Oca.

Gioco dell'oca

Un tempo il Gioco dell’Oca ed altri passatempi tradizionali come la Dama e gli Scacchi, avevano uno scopo didattico, erano cioè strumenti finalizzati a trasmettere insegnamenti di valore iniziatico. I bambini, i ragazzi e a volte anche gli adulti, infatti, imparano meglio se vengono stimolati con il gioco.

La creazione del Gioco dell’Oca viene attribuita a Palamede, re d’Eubea, del quale si dice che avesse inventato anche altri passatempi per intrattenere i soldati greci durante l’assedio di Troia. Il suo nome greco, Palamédes, significa “l’abile con il palmo della mano” e quindi “l’astuto”. Il Gioco dell’Oca inventato da Palamede è molto simile al cosiddetto “Disco di Phaites” del 2000 a.C., scoperto a Creta nel 1908. Si tratta di un disco di argilla cotta, di circa 20 centimetri di diametro, su cui sono incise 61 caselle distribuite a spirale e recanti 242 segni. Vi è certamente rappresentato un percorso, perché si nota una figura umana intenta a camminare, e in alcune caselle sono raffigurati grandi uccelli simili a cigni in volo.

Il Gioco dell’Oca potrebbe essere quindi il lascito di un’antica tradizione esoterica: sarebbe una mappa simbolica del viaggio spirituale che l’individuo percorre durante la sua esistenza terrena, fino a giungere, dopo aver fatto esperienza di una morte iniziatica, in seno alla Magna Mater, rappresentata qui dalla Grande Oca centrale. Occorre sottolineare che l’oca era considerata sacra da alcuni popoli, come ad esempio i Galleci del nord della Spagna, i quali la ritenevano una guida inviata dagli dei per indicare agli uomini il cammino della conoscenza. Nell’antica Roma le oche capitoline possedevano il dono della profezia e custodivano il tempio della dea Giunone.

Oche del Campidoglio

Sono molti i miti e le leggende in cui oche e cigni appaiono come depositari di una sapienza superiore. Come non ricordare la fiaba del brutto anatroccolo di Andersen? Vediamo qui raffigurato un triste pellegrino che cammina in solitudine cercando se stesso senza arrendersi di fronte agli ostacoli, e che alla fine del viaggio sarà ricompensato dalla scoperta di essere in realtà un meraviglioso cigno, dotato del dono della saggezza.

Potremmo scorgere un parallelismo tra la fiaba di Andersen, il Gioco dell’Oca e il viaggio del Matto dei Tarocchi: il pellegrino degli Arcani Maggiori, proprio come il brutto anatroccolo, appare bizzarro e del tutto fuori luogo nel mondo della normalità apparente, ma un giorno si scoprirà che è lui l’unico Vero Saggio, il magnifico e maestoso cigno che neppure il più grande Re del Mondo potrebbe fare a meno di invitare alla sua corte…

Sono certa che il Matto abbia già raggiunto il Giardino dell’Oca Sacra, e che da lì si stia facendo beffe di tutti i suoi avversari!

Girl and Goose