Il labirinto è l’emblema universale della ricerca dell’infinito, e dunque del non-limite, da parte di noi esseri finiti e limitati. Chi lo percorre o contempla diviene consapevole del fatto che il confine tra umano e divino, tra finito e infinito, è misteriosamente permeabile.
Il labirinto è una struttura la cui conformazione rende difficile, per chi vi entra, trovare l’uscita. È costituito da un percorso complesso nel quale è estremamente difficile orientarsi. Nell’antichità era particolarmente diffuso il labirinto unicursale: detto anche labirinto classico, esso era costituito da una sola entrata e da un unico tracciato che conduceva al centro e che doveva poi essere percorso a ritroso per guadagnare l’uscita. Al giorno d’oggi, invece, il labirinto è inteso quasi sempre come multicursale: ciò significa che si può raggiungere il centro, e in seguito l’uscita, seguendo più di una strada e imbattendosi in bivi e vicoli ciechi.
Il labirinto di Cnosso
La mitologia greca narra che il primo labirinto fu quello costruito dal re Minosse sull’isola di Creta, vicino al palazzo reale di Cnosso; scopo dell’ardita realizzazione architettonica sarebbe stato quello di imprigionare il Minotauro, un essere mostruoso nato dall’unione della regina Pasifae con un toro bianco inviato in dono al re Minosse da Poseidone, dio del mare. Minosse infatti avrebbe dovuto sacrificare il toro in onore di Poseidone, ma volle tenerlo per sé, e decise di immolare al suo posto un animale di minor valore. Il dio del mare, adirato per l’affronto, fece in modo che la regina Pasifae si innamorasse del toro e si accoppiasse con lui: da questa unione contro natura nacque il Minotauro, un essere dal corpo umano e dalla testa taurina, malvagio e assetato di sangue. Minosse ordinò allora a Dedalo, architetto di corte, di progettare e realizzare una costruzione dalla quale fosse impossibile fuggire, in cui tenere rinchiuso e nascosto alla vista di tutti il terribile Minotauro. Nacque così il labirinto di Cnosso, costituito da intricate gallerie che generavano confusione in chi le percorreva.
Il mito racconta che, per aver provocato la morte di uno dei figli di Minosse, gli ateniesi erano obbligati a inviare ogni anno sette giovinetti e sette fanciulle da dare in pasto alla bestia. Teseo, principe di Atene, escogitò allora un piano per uccidere il Minotauro, e giunse a Creta mescolato ai ragazzi da sacrificare. Arianna, una figlia di Minosse, si innamorò di Teseo, e gli consegnò quel filo che, srotolato lungo l’intricato percorso, avrebbe consentito all’eroe di uscire dal labirinto, dopo aver ucciso il mostro.
Origini del labirinto
Da un punto di vista prettamente etimologico, sembra che la parola “labirinto” derivi proprio dal palazzo di Cnosso: su di esso era infatti riportata l’immagine di un’ascia bipenne, che nella lingua minoica era detta “labrys”. Il termine in sé, dunque, non avrebbe alcuna attinenza con il tracciato così come lo intendiamo noi.
Tuttavia il labirinto è un prodotto di civiltà molto più antiche rispetto a quella minoica: se ne trovano infatti testimonianze fin dall’epoca neolitica.
Ciò che incuriosisce maggiormente riguardo a questo simbolo è il fatto che esso sembra essersi diffuso nell’ambito di quasi tutte le culture umane, siano esse antiche o recenti. Nessuno può rivendicare la paternità del simbolo del labirinto, che sembra essere realmente “patrimonio dell’umanità”.
Labirinti nel tempo
Vediamo ora quali sono i più noti labirinti dell’antichità di cui è stata ritrovata traccia. Nei primissimi esempi si trattava di petroglifi, ovvero di simboli che venivano incisi nella roccia. Il labirinto di Mogor a Pontevedra, in Spagna, sembra risalire al 1800 a.C. circa: si tratta non di una sola, bensì di numerose incisioni, che testimoniano l’uso di questo petroglifo tra le civiltà antiche.
Ricordiamo poi il labirinto che si trova nel Parco Nazionale delle Incisioni Rupestri di Naquane, in Val Camonica. Identico a quello citato in precedenza, potrebbe risalire addirittura all’epoca neolitica (8000-4000 a.C.).
I due esempi appena citati appartengono all’area mediterranea, ma il simbolismo del labirinto si trova anche nel Nord Europa. In Irlanda, il reperto più famoso è la celebre “Hollywood Stone“, che però risale all’epoca medievale, per quanto non sia mai stata datata con precisione. Molti altri labirinti si trovano ovunque nel mondo, dall’India al Perù (una delle celeberrime linee di Nasca è un labirinto), dalla Finlandia all’Egitto.
Se c’è qualcosa che possiamo definire “universale”, dunque, questo è proprio il simbolo del labirinto, il quale ha attraversato i secoli e i millenni praticamente senza mutare forma. In età medievale esso venne abbondantemente usato nelle chiese per indicare il percorso spirituale che doveva essere compiuto dai pellegrini. Uno dei più noti esempi, perfettamente conservato, è quello che si trova all’interno della cattedrale Notre-Dame di Chartres, in Francia.
Il labirinto di Chartres
Il labirinto di Chartres, opera del XII secolo, è una figura geometrica circolare che appare sul pavimento della navata centrale della cattedrale. Rappresenta un percorso continuo lungo 261 metri che va dall’esterno all’interno del cerchio, con una successione di curve e archi di cerchio concentrici. La circonferenza è di quasi 13 metri di diametro. Si tratta di un labirinto unicursale, poiché conduce dall’esterno verso il centro, e viceversa, attraverso un percorso unico: tale rappresentazione simboleggia il fatto che la retta via è una sola, ovvero seguire l’insegnamento del Cristo. Il centro del labirinto verrà raggiunto da colui che, attraverso le prove che dovrà affrontare, dimostrerà di essere degno di accedere alla rivelazione misteriosa.
Per potersi purificare, i pellegrini in visita a Chartres dovevano necessariamente attraversare il labirinto in ginocchio e con il rosario al collo, percorrendo l’intero tracciato. A livello spirituale, questa penitenza equivaleva ad un pellegrinaggio a Gerusalemme, e costituiva dunque un mezzo per ottenere un certo numero di indulgenze dalle autorità ecclesiastiche. Inoltre, per percepire la grande energia presente all’interno della cattedrale, era necessario che il fedele la percorresse, oltre che in ginocchio, anche in piedi, senza scarpe: questo rituale ricorre ancora oggi, nelle quattro celebrazioni annuali che si compiono, all’interno della cattedrale, in onore della Vergine.
Un viaggio dentro noi stessi
Se letto in chiave cristiana, il labirinto rappresenta dunque il viaggio iniziatico che conduce il pellegrino dalla dimensione periferica e transitoria della materia fino al centro spirituale, l’Eterna Sorgente del Tutto. Più in generale, però, il labirinto può essere considerato il simbolo del viaggio che l’individuo deve compiere dentro di sé, per divenire consapevole non solo della luce, ma anche dell’oscurità di cui è fatta la sua essenza. Questa strada è tortuosa e può indurre in errore, ma non preclude mai a nessuno la possibilità di raggiungere la Sorgente. Il celeberrimo labirinto di Cnosso, in fondo, non è altro che questo. Nel suo viaggio fino al cuore del palazzo di Cnosso, Teseo non corre il rischio di perdersi; rischia però di non riuscire a tornare indietro una volta che avrà fronteggiato il mostruoso Minotauro, ovvero le sue paure, le sue debolezze, le sue deformità interiori. Il filo di Arianna non serve tanto a ritrovare la strada, quanto a non dimenticare. Ecco dunque che il “vero” labirinto è una spirale che si avvolge su se stessa per condurre, infine, sempre a casa. Solo dopo aver incontrato e fronteggiato la sua vera essenza, l’eroe può tornare indietro, nel mondo, e portare con sé ciò che ha appreso.