Fin dai tempi più antichi, di molte piante si scoprì il potere velenoso, narcotico, stordente o addirittura mortale. Ne abbiamo testimonianze nella Bibbia, presso gli Assiri e gli Egizi. Nella mitologia greca troviamo la “regina dei veleni”, Medea, esperta di ricette vegetali capaci di uccidere e far impazzire. Il re del Ponto Mitridate è passato alla storia per la sua abitudine di assumere ogni giorno qualche goccia di veleno per sviluppare assuefazione alla sostanza, riducendo così il rischio di essere avvelenato mortalmente dai nemici. Nell’antica Roma l’uso di sostanze velenose era così diffuso che le autorità dovettero emanare apposite leggi contro gli avvelenatori. Negli scavi di Pompei sono venuti alla luce anelli il cui castone si apriva, rivelando una piccola cavità in cui si poteva conservare un veleno pronto all’uso; nel Rinascimento questo tipo di gioiello divenne comunissimo e fu il prediletto di Lucrezia Borgia, resasi famosa anche come avvelenatrice.
Durante il regno di Luigi XIV, il re Sole, si svolse il celebre “processo dei veleni”, che ebbe come imputati nobili, sacerdoti e gentildonne: furono portati alla luce decine di omicidi compiuti con veleni comuni o raffinatissimi, che agivano anche solo per contatto o inalazione.
In guerra era diffusa la pratica di immergere nel veleno le armi in modo che, qualora la ferita inferta al nemico non fosse letale, potesse finire il lavoro una sostanza mortale; in parallelo nacquero trattati che elencavano gli antidoti in grado di neutralizzare gli effetti dei veleni.
Vediamo ora proprietà, usi e curiosità storico-mitologiche relative alle piante velenose più note ed utilizzate fin dall’antichità.
Acetosella. Posta sotto l’influsso planetario della Luna, era anche detta “erba delle fate”: si diceva infatti che il Piccolo Popolo ne utilizzasse il decotto per far morire il bestiame. Va bene per aromatizzare zuppe e insalate, purchè in quantità ridottissime, perchè contiene ossalato di potassio, che è tossico.
Aconito. Pianta lunare, cresce vicino all’acqua e possiede bellissimi fiori di colore azzurro-viola. E’ buona norma evitare di toccarla, perchè il suo veleno, l’aconitina, può penetrare attraverso la pelle. La leggenda dice che fu sputata con la bava dal cane infernale Cerbero quando questi fu sconfitto da Eracle; la dea Ecate ne fece dono a Medea, che la impiegò per realizzare le sue terribili pozioni magiche. Le antiche erboriste ne inserivano l’estratto in un unguento antidolorifico, che doveva essere usato con estrema cautela per la sua tossicità; le streghe lo mettevano nell’unguento del sabba, per la sua capacità di stordire e provocare allucinazioni; la radice, purificata e consacrata, era un talismano utile a contrastare vampiri e licantropi.
Amanita muscaria. Fungo velenoso (anche se non mortale) con proprietà allucinogene, entra nella composizione di pozioni magiche. Una delle prime testimonianze del suo utilizzo è contenuta nei Vedanta, sacri testi indiani risalenti al 2000 a.C., in cui viene citato un liquido inebriante che conferisce forza e coraggio in battaglia, stimola l’ispirazione dei poeti, guarisce le malattie e dona longevità; la bevanda, i cui straordinari poteri erano attivati da una formula magica, conteneva latte, miele, farina, acqua di fonte e il succo del fungo. Nel Medioevo l’amanita fu associata alle streghe e alle fate, e questo legame ha mantenuto intatta la sua forza nei secoli, tanto che ancora adesso l’immagine del fungo, con il suo bel cappello rosso punteggiato di bianco, entra nelle illustrazioni dei libri di fiabe. Oggi, l’amanita viene usata dai seguaci dello sciamanesimo per stimolare il potere della visione.
Anemone. Questo fiore, di cui sono tossici i petali, il gambo e le foglie, si collega al mito di Adone, giovane dotato di una bellezza straordinaria, tanto che tutte le dee lo volevano per sé. In particolare se lo contesero Afrodite, dea dell’amore, e Persefone, signora degli Inferi: per volere di Zeus, egli fu allora costretto a vivere sulla terra per sei mesi all’anno e nel regno dei morti per gli altri sei. Ebbe però una fine tragica, poiché fu ucciso da un cinghiale durante una battuta di caccia. Il suo sangue cadde sulla terra, colorando di rosso un fiore prima bianco, cui fu dato il nome di anemone da “anemos”, il vento, per ricordare a tutti quanto sia fuggevole la vita.
Assenzio. Appartiene alla specie delle Artemisie. Ha un profumo intenso e aromatico, sapore amarissimo. Foglie e fiori sono utilizzati per preparare un liquore aperitivo verde dall’odore caratteristico, dotato di cattiva fama perchè i forti bevitori ne subiscono danni al sistema nervoso centrale e convulsioni, a causa del tuyone, il principio attivo. Il Pernod, l’aperitivo francese per eccellenza, è a base di assenzio, anice, semi di finocchio, issopo, bacche di ginepro, noce moscata e succo di limone. Pianta sotto gli influssi della Luna e di Marte, in magia era usata per contrastare il malocchio; bruciata con incenso, dilata la percezione.
Belladonna. Il suo nome scientifico (Atropa belladonna) deriva da Atropos, una delle Parche della mitologia greca, quella che tagliava il filo della vita: se ingerita, la pianta può infatti essere mortale a causa degli alcaloidi che contiene. Il nome volgare deriva invece dall’uso in forma di collirio: dilatando la pupilla, esso donava infatti splendore agli occhi. Macerata in piccole quantità nel grasso di maiale, la belladonna produceva una pomata dall’effetto anestetico, da applicare su ferite infette prima di altri interventi. Pianta sotto gli influssi di Saturno, entrava nella composizione dell’unguento del sabba.
Bosso. Corteccia e foglie di questa pianta vengono tradizionalmente usate per abbassare la febbre, in particolare nei casi di malaria, ma vanno dosate con grande cautela, perchè contengono un veleno, la buxina. I vasetti in legno di bosso, robusto e durevole, furono per secoli i contenitori preferiti per i medicinali. Sotto gli influssi di Saturno, l’albero viene considerato una pianta da cimiteri, nonostante sia usato ovunque per belle siepi decorative.
(continua…)
[Le informazioni contenute nell’articolo sono tratte dal libro «I giardini incantati» di Devon Scott]