L’Occhio di Horus è un simbolo sacro conosciuto con vari nomi e raffigurato in molte forme, tutte mutuate da culture antichissime.
L’occhio è la parte del corpo che meglio rappresenta la possibilità dell’essere umano di interpretare la realtà in maniera non superficiale e, anzi, con profondità di visione. Per questa ragione le popolazioni antiche di tutto il mondo raffiguravano spesso dei grandi occhi sugli oggetti rituali, sui corpi, nelle abitazioni e nei luoghi sacri. Numerosi erano gli scopi per i quali veniva tracciato il simbolo dell’occhio. Scopriamone alcuni:
Protezione magica: gli occhi, anche solo disegnati, hanno il potere di vedere i sortilegi o le malignità che minacciano il singolo o la comunità.
Protezione divina: sia gli dei che gli spiriti e le forze della natura, avevano occhi ultraterreni in grado di scorgere non solo le azioni, ma anche i pensieri dei mortali; raffigurare gli occhi delle divinità garantiva quindi agli individui protezione dalle iniquità, ma al tempo stesso costituiva un monito a comportarsi sempre in maniera corretta.
Rendere manifesta la saggezza di un individuo: anticamente si riteneva che il saggio fosse colui che “sapeva vedere”, quindi tatuare l’immagine dell’occhio sul corpo di un individuo ne sottolineava la capacità di vedere e di interpretare la realtà meglio di chiunque altro.
Invito a vedere meglio qualcosa di importante: ancora oggi, di fronte alla rappresentazione di un occhio siamo portati ad una maggiore attenzione, cioè ad osservare meglio un particolare o a difenderci da potenziali pericoli; anche nell’antichità si mostrava il simbolo dell’occhio agli individui e alla comunità con questo stesso fine.
Veggenza: si usava disegnare un occhio, di solito privo di caratteristiche atte ad identificarlo come destro o sinistro, su oggetti o vestiti appartenenti a veggenti o sensitivi, con l’intento di intensificare ulteriormente la loro capacità di visione o percezione sottile.
L’Occhio di Horus (come pure l’Occhio del dio nordico Odino) è frutto della perdita in battaglia di uno dei due occhi, cui seguì la sua successiva riconquista. Anche Ra, dio solare primigenio e generatore delle altre divinità egizie, perse l’occhio, che gli venne riconsegnato solo dopo moltissimo tempo; poichè intanto aveva giò sostituito l’occhio mancante con un altro, il dio decise di trasformare il suo organo ritrovato nel cobra che appare al centro della fronte dei faraoni, noto come “Ureo”.
I miti che narrano della perdita e del successivo ritrovamento di un occhio ci ricordano che, sulla via del Risveglio, a un certo punto dobbiamo necessariamente lasciarci alle spalle la nostra vecchia visione della realtà, per poter acquisire maggiore saggezza e accrescere il nostro potere personale.
A livello pratico, l’Occhio di Horus può essere utilizzato per favorire la visione di ciò che accade lontano da noi ma che in qualche modo ci riguarda. Ad esempio possiamo chiudere gli occhi e collocare il simbolo – sotto forma di disegno o di oggetto – tra la fronte e il naso, nella zona che le tradizioni indicano come quella del terzo occhio, per potenziare la nostra capacità di visione o percezione sottile. Se questa modalità fosse poco pratica, si potrebbe invece chiudere gli occhi e provare a visualizzare mentalmente il simbolo nella maniera più chiara possibile per alcuni minuti, ripetendo l’esercizio più volte al giorno. Oppure si può contemplare per almeno trenta secondi un’immagine che riproduca un Occhio di Horus di colore bianco su sfondo nero, e poi fissare lo sguardo su una parete bianca: si tratta di un esercizio utile a stimolare la ghiandola pineale e quindi a risvegliare la facoltà della chiaroveggenza.
“Usa l’Occhio come se fosse il tuo per vedere l’Universo e Te Stesso!”