Gli enigmi della Sfinge

Il mito della Sfinge è uno dei più intensi e ricchi di significato della cultura greca.
Nel corso dei secoli si è mantenuto intatto il potere evocativo di questo mito, il quale ancora oggi occupa un posto di rilievo nell’indagine psicanalitica.
Fu la Sfinge a rendere possibile un’antica profezia, secondo la quale il figlio del re e della regina di Tebe avrebbe ucciso il padre e sposato la propria madre.

La vicenda di Edipo

Giocasta era la sposa di Laio, re di Tebe, dal quale ebbe un figlio, Edipo.
Un oracolo predisse che il figlio della coppia reale avrebbe causato la rovina della sua casa. Si decise allora di abbandonare il neonato dopo avergli trapassato le caviglie con una cinghia. Il bambino venne però salvato da un pastore che lo portò a Corinto, dove fu allevato alla corte del re. Divenuto adulto, Edipo decise di recarsi a Tebe per affrontare la Sfinge a cui gli abitanti della città dovevano sacrificare, ogni anno, sette fanciulli e sette fanciulle. Fino ad allora nessun guerriero era riuscito a sconfiggerla e a liberare Tebe dalla sua crudeltà. Nel suo viaggio, quasi alle porte di Tebe, Edipo incontrò Laio, il cui araldo gli uccise il cavallo che non era stato lesto a scansarsi al passaggio del re. Edipo, infuriato, uccise sia il domestico che il re, ovvero il suo stesso padre. Quando arrivò a Tebe trovò la città in lutto, poiché si era già diffusa la notizia dell’assassinio del re. Giunto al cospetto della Sfinge, riuscì a risolvere l’enigma posto a tutti coloro che la sfidavano: grazie a questa prova di arguzia sconfisse la spaventosa creatura, liberando finalmente Tebe dalla sua presenza. Divenuto eroe nazionale, sposò la regina Giocasta, sua madre, ed ebbe da lei quattro figli. Molto tempo dopo, a Tebe scoppiò una pestilenza. Edipo chiese all’oracolo che cosa avrebbe dovuto affinchè il contagio cessasse. L’oracolo rispose che avrebbe dovuto uccidere l’assassino di Laio, che era suo padre. Edipo comprese allora di aver compiuto atti sacrileghi come il parricidio e l’incesto e, per punirsi, si accecò.

Edipo

Il mito della Sfinge

Il mito della Sfinge non ci fornisce dettagli sull’origine di questa creatura. Sembrerebbe essere la figlia di due esseri demoniaci, o di un demone e di una ninfa. In ogni caso, la Sfinge greca aveva un aspetto ibrido: la parte superiore era in forma di donna, con il viso pallido e gli occhi di fiamma; il resto del corpo era simile a quello di un cane, con zampe di leone, ali di aquila e la coda di un dragone. La Sfinge egizia ha invece il volto maschile e il corpo teriomorfo, e non possiede ali.

Il mito classico narra che la Sfinge, giunta dalle lontane terre d’Etiopia, si stabilì nella città greca di Tebe poiché questo era stato il volere della dea Era. Dotata di un’indole vendicativa, la sposa di Zeus volle punire gli abitanti della città a causa del comportamento del loro re, Laio, che aveva rapito e sedotto un giovane di nome Crisippo.

La Sfinge era dunque una creatura malevola e portatrice di morte, che tuttavia condivideva la stessa natura delle Muse grazie alla sua grande abilità con le parole. Essa “cantava” i suoi indovinelli, e fu per questo che Sofocle la definì “crudele cantatrice”.
Si appostava in luoghi remoti lungo strade solitarie e, quando un cittadino di Tebe passava di lì, gli si parava di fronte con la sua spaventosa figura proponendogli un indovinello. Chi non riusciva a dare la risposta corretta pagava con la vita.

Sfinge

Per trovare rimedio alla situazione, venne emesso un editto: chiunque fosse riuscito a risolvere l’enigma della Sfinge e in tal modo a sconfiggerla, avrebbe preso in sposa la bella Giocasta e sarebbe divenuto re di Tebe.

Il celebre indovinello cantato dalla Sfinge recitava così: “Qual è quell’animale che all’alba nuota e sguazza come un pesce, al mattino cammina su quattro zampe, il pomeriggio su due e la sera su tre?”. Edipo diede la risposta corretta: l’uomo, che prima di venire alla luce nuota nel ventre materno, da piccolo cammina a quattro zampe, da adulto si regge sulle gambe e in vecchiaia ha bisogno di un bastone.

Non è chiaro cosa avvenne dopo che Edipo ebbe dato la risposta giusta. Secondo alcune versioni la Sfinge sprofondò in un abisso, oppure fuggì in Egitto, dove rimase pietrificata. Altre versioni narrano che fu lo stesso Edipo a ucciderla.

Il dramma di Edipo

Come promesso, Edipo potè prendere in sposa Giocasta, divenendo così il nuovo re di Tebe. Si compì dunque la profezia secondo cui, dopo aver ucciso il padre, avrebbe sposato la sua stessa madre.

Alcuni psicoanalisti hanno interpretato la Sfinge come rappresentazione del mistero dell’universo femminile, che vuole sempre essere decifrato. Per altri, invece, il mito della Sfinge simboleggia il tragico destino dell’essere umano. Edipo infatti sconfigge il mostro e dunque diventa un eroe, ma è proprio questa vittoria a causare la sua tragedia: il destino lo conduce infatti a sposare la propria madre senza sapere chi sia, nonché – una volta scoperta la verità – a punirsi per l’atto sacrilego cavandosi gli occhi.