Non sono particolarmente incline alla devozione nei confronti dei santi cattolici, ma credo che ogni regola debba avere le sue eccezioni, e che sia davvero benefico aprirsi ad ogni possibilità, senza precludersi nulla a priori. E così una bella “eccezione” è comparsa quest’anno nella mia vita, nei panni di santa Rita da Cascia, proprio nel giorno a lei dedicato, ovvero il 22 Maggio. Non ho avuto nessuna “visione estatica” né nulla di simile, ma alcuni eventi sincronici mi hanno permesso di percepire la palpabile vicinanza di questa santa, nota come colei che “rende possibile ciò che il mondo ritiene impossibile”.
Da circa nove anni abito in un quartiere intitolato proprio a santa Rita, ma non avevo mai attribuito alcun valore simbolico a questa circostanza. All’improvviso, però, qualcosa è cambiato: ora non credo più che questa sia una semplice coincidenza, anche perchè dentro di me, seppur inconsciamente, ho sempre sentito il sottile ma tenace desiderio di manifestare nella mia vita qualcosa che chiunque riterrebbe del tutto irrealizzabile e frutto di vane fantasticherie.
Ora penso proprio che santa Rita sarà al mio fianco in questa impresa impossibile, e per ringraziarla di essere apparsa nella mia vita ho voluto dedicare un articolo alla sua straordinaria vicenda umana.
VITA DI RITA DA CASCIA
Rita nacque presumibilmente nell’anno 1381 a Roccaporena, frazione del comune di Cascia in provincia di Perugia, da Antonio Lotti e Amata Ferri. I suoi genitori erano molto credenti e la loro situazione economica non era agiata ma tranquilla e decorosa. La storia di Rita è colma di eventi straordinari e uno di questi si mostrò nella sua infanzia. La piccina, lasciata per qualche momento incustodita nella culla in campagna mentre i genitori lavoravano la terra, fu circondata da uno sciame di api. Questi insetti ricoprirono la piccola ma stranamente non la punsero. Un contadino, che nel contempo si era ferito alla mano con la falce e stava correndo a farsi medicare, si trovò a passare davanti al cesto in cui era riposta Rita. Viste le api che ronzavano attorno alla bimba, prese a scacciarle: con grande stupore si accorse allora che, mentre scuoteva le braccia per allontanare gli insetti, la sua ferita si rimarginava completamente.
Rita avrebbe desiderato farsi monaca ma, all’età di circa 13 anni, fu promessa in sposa dagli anziani genitori a Paolo Ferdinando Mancini, un uomo conosciuto per il suo carattere rissoso e brutale. Abituata al dovere, Rita non oppose resistenza e andò in sposa al giovane ufficiale. Dal matrimonio fra Rita e Paolo nacquero due figli gemelli maschi, che furono molto amati dalla mamma. Rita riuscì inoltre, con il suo tenero amore e con tanta pazienza, a trasformare il carattere del marito e a renderlo più docile. A distanza di alcuni anni, la vita coniugale di Rita venne però tragicamente spezzata con l’assassinio del marito, avvenuto in piena notte mentre questi stava ritornando a Cascia. Benchè afflitta per l’atrocità dell’avvenimento, Rita non serbò rancore, anzi perdonò gli assassini e pregò anche per i suoi due figli che, secondo il costume del tempo, probabilmente stavano pensando alla vendetta. I due giovani, di lì a poco, morirono di malattia, quasi contemporaneamente. A causa di questo evento, si pensò che la Santa avesse pregato per la morte dei suoi figli, così che non avessero a sporcarsi le mani uccidendo gli assassini del padre.
Quando rimase sola, Rita aveva poco più di 30 anni e sentì rifiorire nel suo cuore il desiderio di seguire quella vocazione che era sorta in lei fin dalla pubertà. Chiese allora di entrare come monaca nel monastero di santa Maria Maddalena, ma per ben tre volte non fu ammessa, in quanto vedova di un uomo assassinato. La leggenda narra che riuscì a superare tutti gli sbarramenti e le porte chiuse grazie all’intercessione di san Giovanni Battista, sant’Agostino e san Nicola da Tolentino, che l’aiutarono a spiccare un volo prodigioso dallo “Scoglio” fino al convento di Cascia. Le monache, convinte dal prodigio ma anche dal suo sorriso, la accolsero infine tra di loro e qui Rita rimase per quasi 40 anni, immersa nella preghiera.
IL MIRACOLO DELLA SPINA
Era il Venerdì Santo del 1432. Dopo aver sentito un predicatore rievocare con ardore le sofferenze patite da Gesù, Rita tornò in convento profondamente turbata. Rimase a pregare in contemplazione davanti al crocifisso, e in uno slancio di amore ardente chiese a Gesù di condividere almeno in parte le Sue sofferenze. Avvenne allora il prodigio: Rita fu trafitta da una delle spine della corona di Gesù, che la colpì alla fronte. Fu uno spasimo senza fine, ma Rita portò in fronte la piaga per 15 anni alla stregua di un sigillo d’amore.
IL PRODIGIO DELLA ROSA
Quando mancavano circa 5 mesi al trapasso di Rita, un giorno d’inverno una parente le fece visita e, nel congedarsi, le chiese se desiderasse qualcosa. Rita rispose che avrebbe desiderato una rosa dal suo orto. Tornata a Roccaporena la parente si recò nell’orticello e grande fu la sua meraviglia quando, nonostante la temperatura rigida e il manto nevoso a coprire ogni cosa, vide una bellissima rosa sbocciata: la colse e la portò a Rita, che divenne così “la Santa della Spina e della Rosa”.
Prima di chiudere gli occhi per sempre, Rita ebbe la visione di Gesù e della Vergine Maria che la invitavano in Paradiso. Una consorella vide la sua anima salire al cielo accompagnata dagli Angeli; nello stesso istante le campane della chiesa si misero a suonare da sole, mentre un soave profumo si diffuse per tutto il monastero e dalla sua camera si vide risplendere un’intensa luce, come se vi fosse entrato il Sole. Era il 22 Maggio del 1447.
IL CULTO E LA CANONIZZAZIONE
La venerazione di Rita da Cascia da parte dei fedeli iniziò subito dopo la sua morte, sospinta dall’elevato numero e dalla qualità degli eventi prodigiosi attribuiti alla sua intercessione. I suoi devoti la chiamano “santa degli impossibili” perché dal giorno della sua morte sarebbe “scesa” al fianco dei più bisognosi, intercedendo miracolosamente per loro. La sua beatificazione avvenne però, dopo varie vicissitudini, soltanto nel 1628, 180 anni dopo la sua morte, durante il pontificato di Urbano VIII. Il 24 maggio del 1900, infine, Leone XIII la proclamò santa.
Ai fini della canonizzazione, la Chiesa cattolica ritiene necessario il riconoscimento di due miracoli. Nel caso di santa Rita, il primo di questi fu la guarigione, ritenuta inspiegabile, di Elisabetta Bergamini, una bambina che stava per perdere la vista a causa del vaiolo. La seconda guarigione miracolosa riguardò Cosmo Pellegrini, un anziano sarto di Conversano affetto da una gravissima forma di gastroenterite cronica: dopo aver ricevuto l’estrema unzione, l’uomo avrebbe avuto una visione della santa, recuperando improvvisamente la salute. A questi episodi si aggiunse il gradevole e inspiegabile profumo che emanava dai resti del corpo della santa.
La devozione popolare nei confronti di santa Rita è ancora oggi fervente, ed è particolarmente radicata non solo in Italia, ma anche in Spagna, Portogallo e America Latina.