Tutti abbiamo negli occhi le immagini delle maestose piramidi egizie, dei faraoni con i loro paramenti regali e delle misteriose divinità dalla testa di falco, di ibis o di cane, e spesso vediamo i simboli che erano propri di questa tradizione raffigurati su tatuaggi, monili o magliette… Ma sappiamo davvero cosa significano questi antichi e potenti simboli? Scopriamone alcuni tra i più noti e suggestivi.
L’Ankh

Chiamato con i nomi evocativi di “Chiave della vita” o “Croce ansata”, l’Ankh era uno dei simboli più importanti per gli antichi egizi. Il geroglifico significa appunto “vita”, talvolta nel senso di vita eterna. Veniva posato sulla fronte del defunto per assicurargli un sicuro passaggio nell’aldilà, poiché era una chiave in grado di aprire il Portale del Tempo. Veniva inoltre utilizzato negli amuleti per ottenere energia vitale, rinnovamento e salute.
Gli egittologi stanno ancora dibattendo circa le sue origini: per alcuni rappresentava il grembo materno ed era dunque associato alla fertilità; per altri simboleggiava il disco solare nell’atto di sorgere, cioè la fonte stessa della vita; per altri ancora raffigurava invece il nodo di un sandalo. Benchè non sia molto poetica, quest’ultima ipotesi è comunque plausibile: considerando che gli egizi vedevano la vita come una strada da percorrere, si può comprendere quale significato avesse per loro l’immagine di un paio di sandali allacciati e dunque adatti al cammino.
Il Loto
Lungo le rive del Nilo fiorisce il fiore di loto, che apre i suoi bianchi petali come a voler salutare il Sole: nell’antichità esso divenne perciò un simbolo dell’astro divino. Sacro era anche il loto blu, il fiore preferito dalla dea Hathor, raffigurata con testa di mucca e portatrice di fertilità e gioia.
Il loto è però anche un simbolo di lunga vita, poichè era l’unico fiore in Egitto a fiorire tutto l’anno. Si credeva che il suo buon profumo portasse benessere e protezione.
Spesso, dovendo raffigurare i quattro figli di Horus, ovvero gli dei che presiedevano al rito dell’imbalsamazione, gli egizi sceglievano di rappresentarli su un fiore di loto mentre si trovavano al cospetto di Osiride, il dio dell’aldilà.
Il Gatto

Il gatto, indicato con il termine “Mau”, era oggetto di una vera e propria venerazione nella società egizia. Apprezzato per la sua abilità nell’uccidere serpenti e nel cacciare roditori nocivi come topi e ratti, il gatto domestico era considerato dagli egizi un simbolo di grazia e benevolenza nei confronti dell’uomo.
Sekhmet, rappresentata con testa di leonessa, era la temutissima dea della guerra, della violenza e delle epidemie. In antitesi a questa, la dea-gatta Bast (nota in seguito come Bastet), inizialmente divinità guerriera al pari di Sekhmet, andò gradualmente perdendo i connotati di aggressività per divenire una figura protettiva e rassicurante, patrona della fertilità, della maternità e della vita domestica. Come espressione di massimo ossequio, dopo la morte i gatti venivano mummificati esattamente come gli uomini, e le loro mummie offerte a Bastet.
Il Coccodrillo

Per quanto possa sembrare inverosimile, nell’antico Egitto c’era una città chiamata Crocodilopolis in cui si adoravano i coccodrilli. Questi possenti animali erano ospitati in appositi templi in cui venivano sfamati con carne fresca e torte al miele; quando morivano, venivano imbalsamati e sepolti con grande devozione.
Il dio coccodrillo era Sobek, una divinità tenace, forte e dominatrice. I guerrieri si affidavano a lui per ottenere coraggio e forza. Nonostante fosse visto talvolta come un feroce avversario, Sobek aveva anche un lato gentile: ad esempio salvò il neonato Horus che stava annegando nel fiume, restituendolo alla madre Iside mentre dormiva placido sul suo dorso.
Il Babbuino
Ammirato per la sua intelligenza e per la capacità di restare sveglio durante la notte, il babbuino è un animale spesso rappresentato nell’arte egizia. Nell’epoca Predinastica vi era un dio babbuino chiamato Baba, da cui potrebbe aver avuto origine il nome che è stato associato a questo animale.
Il babbuino era l’animale sacro a Thoth, il dio del sapere, delle scienze e della scrittura, e spesso veniva raffigurato assieme agli scribi. Nell’oltretomba, Thoth misurava il peso delle anime defunte assumendo la forma di un babbuino, poiché questo è un animale che si muove con facilità anche nelle tenebre, e si prestava dunque a simboleggiare l’aspetto notturno e ctonio del dio.
Il babbuino compare spesso nell’arte funeraria, in particolare sui vasi canopi; Hapy, uno dei quattro figli di Horus responsabili dell’imbalsamazione, aveva appunto la testa di un babbuino.
La Fenice

Il mito della Fenice nacque proprio in Egitto, dove questo animale fantastico era chiamato “Bennu”. Simbolo di rigenerazione, esso era prodigiosamente comparso senza essere stato creato: quando il dio sole Atum sorse dalle acque primordiali assieme alla prima piramide, un uccello di fuoco si posò magicamente sulla sua cima. Si riteneva che il Bennu, proprio come il Sole, morisse per poi rinascere più luminoso di prima: il suo nome è infatti connesso alla radice ben-, che significa “splendere”. Venerato in particolare a Heliopolis (una delle più antiche città egizie), il Bennu venne raffigurato in diversi modi nel corso del tempo; in epoca tarda, lo vediamo rappresentato come un airone cinerino con due lunghe piume dietro la testa. In varie raffigurazioni, esso compare appollaiato sulla piramide primordiale da cui emerse Ra, oppure su un ramo di salice.
Lo Scarabeo
Gli egizi erano stupiti nel vedere gli scarabei nascere da cumuli di sterco: credevano infatti che questi fossero in grado di autocrearsi dal nulla. Non sapevano che in realtà le uova erano nascoste al loro interno, sistemate in un ambiente ideale per trasformarsi in larve e per uscire infine allo scoperto. Il Sole (Atum), che si era autogenerato all’inizio dei tempi, venne perciò associato allo scarabeo.
Il dio Khepri (Colui che viene dalla terra) rotolava il sole attraverso il cielo proprio come lo scarabeo fa rotolare la sua palla di sterco. Forse non è proprio un’immagine poetica: nell’antichità egizia, però, nessuno storceva il naso!
Lo scarabeo era raffigurato su numerosi amuleti, e veniva collocato nelle tombe, come simbolo di rigenerazione e nuova vita. Spesso veniva messo tra le bende della mummia, vicino al cuore, affinché questo risultasse più leggero della piuma di Maat sulla bilancia di Anubi, al momento del giudizio.