Le nebbie di Avalon

Situata nel Somerset (Inghilterra), la piccola cittadina rurale di Glastonbury è una meta imperdibile per tutti gli amanti delle antiche leggende arturiane. Le sue origini restano ancora oggi avvolte in un manto di candida nebbia, circostanza che contribuisce ad alimentare il fascino di questo luogo.

Si dice che Glastonbury sia situata su una delle ipotetiche “ley lines”, ovvero linee energetiche, del pianeta Terra, e che essa stessa sia un luogo di potere in cui si intersecano molte di queste linee.

Direttamente collegata con la visione della “Nuova Gerusalemme”, Glastonbury è definita la “Terra Santa” dell’Inghilterra. L’originale Glastonbury Tor, verde e morbida collina adiacente al borgo, culmina nella Torre di San Michele, unica testimonianza rimasta di una chiesa risalente al XV secolo. Secondo molte leggende, questo luogo misterioso avrebbe ospitato la tomba di re Artù e della consorte Ginevra, e avrebbe inoltre custodito il Santo Graal portato sull’isola da Giuseppe di Arimatea.

Realtà o leggenda?

La leggenda vuole che Glastonbury sia stato il luogo di nascita della cristianità nelle isole britanniche, nonché la sede della prima chiesa, che sarebbe stata costruita per custodire il Graal circa 30 anni dopo la morte di Gesù.

Secondo le credenze popolari tramandate nei secoli, Giuseppe di Arimatea giunse a Glastonbury per nave, approdando ai Somerset Levels, che a quel tempo erano inondati. Al momento dello sbarco piantò a terra il suo bastone, che fiorì miracolosamente nel Biancospino di Glastonbury: così almeno venne spiegata l’esistenza di questa pianta, che a queste latitudini cresce solo attorno a Glastonbury e fiorisce due volte l’anno, una in primavera e l’altra nel periodo natalizio. L’originale “Spina Santa” fu oggetto di pellegrinaggi nel Medioevo, ma fu poi divelta durante la guerra civile inglese. Un nuovo biancospino fu piantato nel XX secolo sulla collina di Wearyall.

E’ interessante notare che il Biancospino di Glastonbury appartiene ad una specie originaria della Palestina. Ancora oggi nessuno ha saputo dare una spiegazione plausibile di come una pianta dalle origini mediterranee abbia potuto adattarsi al clima umido tipico di questi luoghi.

Narra un’altra leggenda che nel VII secolo San Patrignano andò in visita ai monaci di Glastonbury e trovò la tomba di San Giuseppe, su cui fece costruire una grande chiesa in legno: questa fu distrutta da un incendio nel XII secolo, ma i monaci sopravvissuti la ricostruirono in pietra con annessa abbazia. Gli stessi monaci affermarono poi che, durante i lavori, i muratori avrebbero scoperto una croce tombale con inciso in latino “Hic iacet inclitus Rex Arturius in insula Avalonia”, ovvero “Qui nell’isola di Avalonia è sepolto il famoso Re Artù”. Il presunto ritrovamento risale all’anno 1191. Ai nostri giorni non vi è più traccia della croce di piombo, mentre la tomba esiste ancora e si può visitare: sarebbe sopravvissuta persino alla distruzione dell’abbazia avvenuta nel 1539 per volere di Enrico VIII, che non tollerava in seno alla sua riforma anglicana quel santuario cristiano, meta di tanti pellegrinaggi.

King Arthur tomb

E’ difficile credere che la tomba scoperta a Glastonbury conservi realmente i resti di Artù e della consorte Ginevra. Il racconto del presunto ritrovamento sembra comunque voler ribadire quanto affermato dallo storico inglese Goffredo di Monmouth nella sua “Historia Regum Britanniae” (“Storia dei re di Britannia”), scritta tra il 1136 e il 1147. Questa celebre cronaca medievale racconta che re Artù malato fu portato ad Avalon, dove venne curato e guarito dalla Fata Morgana, all’epoca feudataria e madre superiora delle dodici suore cui era affidata la custodia del santuario; quando poi il re trovò la morte in battaglia, la sua salma venne portata a Glastonbury e lì sepolta. Il racconto medievale associa dunque re Artù a questa località, facendola coincidere con l’isola sacra di Avalon.

Il mistero che avvolge l’Abbazia di Glastonbury è però legato anche al mito del Santo Graal, la coppa con la quale Gesù celebrò l’Ultima Cena e nella quale Giuseppe d’Arimatea raccolse il sangue di Cristo dopo la sua crocifissione. Come si è detto, nel 1539 l’Abbazia di Glastonbury fu distrutta per volontà di Enrico VIII. Durante la fuga, sette monaci portarono via con sé una preziosa e sacra reliquia, ovvero un calice in legno d’olivo, trovando rifugio presso il monastero di Santa Florida, in Galles.

Glastonbury Tor

Glastonbury Tor

Glastonbury Tor è una verdeggiante collina sulla cui vetta si innalza un edificio privo di tetto e dall’architettura maestosa, la Torre di San Michele, unica testimonianza rimasta di un’antica chiesa.
La collina, di forma conica, spicca in maniera suggestiva sulla pianura circostante (Somerset Levels). Le pendici della collina presentano sette terrazze profonde e approssimativamente simmetriche, di cui ancora oggi restano ignote le origini. Alcuni studiosi ipotizzano che questi terrazzamenti celassero un labirinto sacro, ma le ipotesi sono molteplici e non vi sono certezze al riguardo.

La collina è stata chiamata “Ynys yr Afalon” (“Isola di Avalon”, probabilmente con il significato di “Isola delle Mele”) dagli antichi Britanni e alcuni, tra i quali lo scrittore medievale Giraldo Cambrense, ritengono che essa sia la Avalon del Ciclo Arturiano.

La collina è stata anche associata alla figura di Gwyn ap Nudd, sovrano dell’Oltretomba (Annwn) e del Popolo Fatato. In questi miti, Glastonbury Tor è rappresentata come la porta d’ingresso di Annwn o alternativamente di Avalon.

Si è inoltre ipotizzato che Glastonbury Tor e i luoghi vicini rivestissero una particolare importanza in relazione agli antichi culti della Madre Terra: secondo questa interpretazione, la collina sarebbe un seno oppure l’intera figura della Dea, con un simbolico flusso mestruale rappresentato dalla sorgente del Chalice Well.

Chalice Well

Chalice Well

Chalice Well, noto anche come “primavera rossa”, è un pozzo adagiato ai piedi del Glastonbury Tor, un luogo magico e silente, circondato dalla natura.

Secondo la leggenda, il Pozzo del Calice sorse miracolosamente nel punto in cui Giuseppe d’Arimatea collocò il Santo Graal. Altre leggende narrano che il pozzo sia stato costruito dai Druidi e che l’acqua che da esso sgorga, di colore rossastro e dal sapore ferroso, sia dotata di magici poteri salutistici e vivificanti. Si dice che il colore e il gusto dell’acqua rappresentino i sacri chiodi utilizzati durante la Crocifissione di Cristo.

A meno di 100 metri dal Pozzo del Calice si trova un secondo pozzo, “The White Spring” ovvero la Sorgente Bianca, nota anche come “primavera bianca”. Vi sono quindi due sorgenti, una dal sapore metallico del sangue e nei toni del rosso, l’altra dal sapore dolce e rinfrescante e dal colore candido.

Il Ciclo di Avalon

Il Ciclo di Avalon è una serie di romanzi che riprendono la tradizione del Ciclo Arturiano. Ambientata nella Britannia minore, la serie di Avalon comprende otto romanzi. Il primo, “Le nebbie di Avalon”, fu scritto dall’autrice americana Marion Zimmer Bradley e pubblicato nel gennaio 1983. Il volume, che richiese molti anni di ricerca e stesura, in seguito alla sua pubblicazione raggiunse i vertici di tutte le classifiche, tra cui quella prestigiosa del New York Times, dove si attestò in cima alla lista dei best seller.

“Le nebbie di Avalon” tratta degli intrecci storico-fantastici legati alla figura di Artù, leggendario sovrano che, con i suoi cavalieri della Tavola Rotonda, riportò la pace in Britannia e vi regnò per lungo tempo. La storia è narrata però dal punto di vista dei personaggi femminili: Igraine, Morgana, Viviana, Morgause, Ginevra. Nel testo viene dato molto risalto all’interazione tra la tradizione religiosa dell’epoca, pagana e politeista, con un importante risvolto legato al culto della Dea Madre, e le prime avvisaglie del Cristianesimo, con le relative interconnessioni e contrapposizioni tra i protagonisti.

I successivi tre volumi della serie furono scritti a distanza di un decennio dall’autrice insieme a Diana Paxson: “Le querce di Albion”, “La signora di Avalon” e “La sacerdotessa di Avalon”. La Paxson in seguito continuò la serie da sola con altri tre titoli: “L’alba di Avalon”, “La dea della guerra” e “La spada di Avalon”. Precursore dell’intera serie viene generalmente considerato il romanzo “Le luci di Atlantide”, scritto dalla stessa Marion Bradley e pubblicato per la prima volta nel 1983.

Occorre notare che i racconti contenuti nel Ciclo di Avalon sono notevolmente diversi dalle leggende e narrazioni precedenti, pur attingendo da queste ultime. Riprendendo leggende che associano Avalon alla città di Glastonbury nel Somerset, Marion Bradley dipinge la sua Avalon come un universo parallelo a Glastonbury, coesistente nella stessa area ma accessibile solo evocando una nebbia magica.

«Il mondo è mutato. Un tempo un viaggiatore se aveva la volontà e conosceva qualche segreto, poteva avventurarsi con la barca nel Mare dell’Estate e giungere non già a Glastonbury dei monaci, ma all’Isola Sacra di Avalon; allora le porte tra i mondi fluttuavano con la nebbia e si aprivano al volere del viaggiatore. Perché questo è il grande segreto, noto a tutti gli uomini colti del nostro tempo: con il nostro pensiero, noi creiamo giorno per giorno il mondo che ci circonda.
Ora i preti, pensando che questo usurpi la potenza del loro Dio, hanno chiuso le porte e il percorso conduce soltanto alla loro Isola. E affermano che quel mondo, se esiste, è il dominio di Satana, la porta dell’Inferno…»

– tratto da Marion Zimmer Bradley, “Le nebbie di Avalon”

La Signora di Avalon, ovvero la Dama del Lago, è identificata come una Sacerdotessa della Grande Madre, all’interno di una struttura religiosa di tipo matriarcale. Poiché nella leggenda vengono assegnati vari nomi a questo personaggio, “Dama del Lago” per la Bradley diviene un titolo onorifico trasmesso da una generazione all’altra a tutte le Signore del Lago del mito arturiano.

I romanzi del Ciclo di Avalon sono collegati tra loro anche tramite un’ulteriore implicazione mistica ed esoterica, poichè alcuni dei personaggi principali, tra cui Morgana, Viviana, Artù e Lancillotto, sono presentati come reincarnazioni di anime vissute sulla Terra fin dai tempi del mitico continente sommerso di Atlantide.

Dama del Lago